La Franciacorta e il Franciacorta

Una terra e il suo vino, sin troppo facile il collegamento specie ai nostri giorni, ma non certo da tempi immemori, perché se assolutamente certa la coltivazione della vite con produzione di «vino mordace» nella zona segnata a nord dal Sebino e dalle sue Torbiere, a sud dal rilievo del Monte Orfano, ad est dalla zona collinare di Monticelli, Ome e Gussago e ad ovest dal rilievo del Monte Alto, sino dal sedicesimo secolo, la storia del Franciacorta come ora lo intendiamo inizia tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del ’60. Nasce nel 1967 la DOC Franciacorta e la DOCG, vertice nelle denominazioni d’origine italiane, solo nel 1995.
Lungi da chi ama paragoni rischiosi, quanto privi di senso, con la realtà della e dello Champagne, che ha storia e caratteristiche ben diverse, ma anche da chi snobba il Metodo Classico della provincia bresciana, è possibile affermare con sicurezza che ben poche zone vitivinicole sono riuscite in un arco temporale contenuto a divenire riferimenti a livello nazionale e iniziare il loro viaggio verso terre lontane. E questa dinamicità non si è certo fermata, se nel 2018 la Franciacorta è una delle zone a più alta concentrazione di vigneti a conduzione biologica .
Altra caratteristica di questo territorio è l’essere sorta di puzzle con sottozone dalle differenti caratteristiche geologiche, morfologiche e microclimatiche. Questo genera a sua volta vini dalle diverse e spesso riconoscibili caratteristiche, diversità che suona quanto mai come pregio, specie di fronte a certe interpretazioni che vorrebbero i vini riconducibili ad artefatti realizzati per andare incontro a gusti studiati a tavolino. Il bello del Franciacorta DOCG, quello elaborato a Metodo Classico perché i vini «fermi» qui prodotti sono Curtefranca DOC nelle tipologie rosso e bianco, sta anche nella possibilità di realizzare abbinamenti col cibo affatto particolari, giocando con provenienze e tipologie – Franciacorta, Franciacorta Satèn e Franciacorta Rosé – nonché annate e affinamenti – Millesimato, Riserva… – che possono a loro volta esprimersi attraverso i Dosaggio Zero, gli Extra Brut, i Brut… Tranne che per il Satèn (solo Brut) e seguendo le normative comunitarie.
Quanto alle uve è lo Chardonnay a dominare, seguito alla distanza dal Pinot Nero e da sempre minori ettari vitati a Pinot Bianco. E l’Erbamatt? Staremo a vedere.
(a cura di Carlos Mac Adden)