Di grani, di costumi. - Cibodimezzo

Di grani, di costumi.

Non ho alcunché nei confronti dell’utilizzo nelle ricette di farine di mais provenienti da altre province, la cucina rimane luogo di scambio per eccellenza –  e in questo caso trovo assolutamente efficace l’anglicismo «melting pot» -, ma vedere alcuni piatti simbolo delle tradizioni bresciane abbinati a farine «forestiere», detto scherzosamente, m’induce una certa perplessità.

Fossimo in luoghi dove la coltivazione del granoturco appare esotica potrei capire, accetterei di buon grado le loro presenze, non ne faccio in prima battuta un problema di caratteristiche organolettiche, ma viviamo, operiamo, in una provincia che da sud a nord, dalla bassa sino alle valli è ricca di raccolti. Non solo un fatto quantitativo, sia chiaro, quanto la disponibilità di mais dalle caratteristiche diverse, capaci di esprimersi al meglio e degnamente accompagnare piatti, ricette che spaziano dalle carni al pesce, dai formaggi alle verdure.

Un luccio alla gardesana, del baccalà ma anche pesci dai toni più delicati potrebbero felicemente sposare un delicato Mais Biancoperla, certo d’origine veneta ma coltivato da anni nella nostra pianura, un Manzo all’olio di Rovato, ancora un baccalà magari in umido, vivacizzato dal pomodoro potrebbe incontrare una polenta realizzata con le Farine tipiche del Garda, molite nell’antico Mulino di Bedizzole – la costruzione risale al 1400 – da mais vitrei, della selvaggina, dei formaggi non disdegnerebbero un Nero spinoso di Esine, dai chicchi violacei, rostrati, carichi di sapore…

Le proposte, gli abbinamenti potrebbero continuare, giocando su varietà e provenienze ma tutte incredibilmente in terra bresciana. Non è, non mi è mai appartenuto, sorta di campanilismo allargato, quanto il piacere di scorrere in lungo e in largo i luoghi che ci ospitano, scoprendo prodotti talvolta dimenticati, talvolta frutto di esperimenti, di prove che hanno trovato alle nostri latitudini terreno adatto. E oggi pare di assistere ad una riscoperta di queste varietà specie ad opera degli agricoltori più giovani.

Modo per accrescere l’identità di una cucina, per renderla, anche in minima parte, unica, capace di utilizzare prodotti apparentemente poveri ma in grado di conferirle diversità, tratti cangianti come i colori di alcune pannocchie.

(a cura di Carlos Mac Adden)