Quando la tradizione merita un posto al sole - Cibo Di Mezzo

Quando la tradizione merita un posto al sole.

Quando la tradizione merita un posto al sole

Lago d’Iseo, al centro Montìsola, acque profonde e fredde, ne traggono beneficio, rassodandosi, le carni degli agoni – Alosa fallax lacustris – che dopo una secolare lavorazione divengono le Sardine essiccate tradizionali di questo bacino d’acqua, presidio Slow Food. La specie è vicina a quella di mare –  Alosa fallax nilotica – condividendone in gran parte l’aspetto e diverse modalità d’utilizzo. Del resto «sardina» è il termine utilizzato in entrambi i casi per il pesce conservato sott’olio, altrimenti «sarda» nel suo impiego da fresco.

Gli agoni, pescati con le tipiche sardenere, reti poste in profondità, vengono eviscerati, lavati e posti sotto sale per un paio giornate. Dopo la salatura, ed è la fase più spettacolare e caratteristica, i pesci vengono inchiodati dalla parte della testa , le sardine «appese», su apposite intelaiature poste al riparo ma all’aperto per l’essiccazione, in un periodo che va da dicembre a marzo: i pesci devono trovare temperature e clima adatto, assenza di mosche, buona ventilazione. Una volta concluso il processo vengono collocati in fusti e coperti d’olio d’oliva per la maturazione definitiva.

L’utilizzo più immediato e tradizionale vede la nostra sardina fatta rinvenire su una graticola,  braci come fonte di calore, tolta rapidamente, condita con un filo di extravergine d’oliva, magari DOP Laghi Lombardi Sebino, un poco di prezzemolo, un ricordo d’aglio… Compagna della polenta, fette abbrustolite sulla stessa graticola. Ma le sapide e particolari carni ben si prestano a dare un tocco bresciano a preparazioni che, magari, impiegherebbero «parenti» marine o, in un più attento lavoro filologico a far conoscere preparazioni come il Sisam, dove conferiscono preciso gusto alla cipolla fatta sciogliere nell’olio e nel tempo, visto che le aole de mura sono ormai più che rarità.

Fermarsi in cucina è però impossibile, ancora… La lucida follia di Michele Valotti della Madia di Brione che ha voluto testarle per ridare allo spiedo quel tocco amarognolo sottratto dal cambiare di leggi e costumi, e sul lago d’Iseo hanno ben pensato di preparare «bottarghe» con le uova di agone, trota, luccio, persico… Ciascuna con i propri sentori. E qui sta la differenza, qui il baluardo contro un’omologazione che vorrebbe il trionfo dei gusti fondamentali, anzi, di tre: il dolce, il salato con una concessione per l’umami, il gusto proteico.

(a cura di Carlos Mac Adden, foto : Fiorello Turla)

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