Il Vigneto Pusterla
Nemo propheta in patria… Verrebbe da citare pensando ai 3,4 ettari vitati dello storico Vigneto Pusterla, per di più interamente a Invernenga, vitigno autoctono della provincia bresciana: la maggior estensione riscontrabile per quest’uva dalla buccia importante, così importante da consentirle di arrivare, appesa nei solai, sino alle feste natalizie dei nostri antenati che la utilizzavano per arricchire i pranzi di quei giorni.
Tanta quell’estensione, il Clos-Montmartre, la vigna di Montmartre nel cuore del quartiere parigino non arriva a 0, 16 ettari di superficie con una trentina di vitigni diversi… Eppure è conosciuta in tutto il mondo, la vendemmia viene celebrata da una festa che attira migliaia di persone, il suo vino battuto all’asta in confezioni da 6 bottiglie con etichette realizzate da artisti famosi. A poco serve al nostro di vigneto, attuale proprietario Maria Capretti, ultima discendente di quei Capretti che agl’inizi del ‘900 l’ebbero in eredità dalla famiglia Riccardi, essere il più grande vigneto europeo urbano e aver ottenuto nel 2017 il primo premio ex-aequo della Federazione Italiana dei club e centri per l’UNESCO per «un’operazione di autentico restauro del paesaggio … in ambiente urbano … e riproponendo l’antica funzione produttiva», oltre alla cura e al riutilizzo di «esistenti viti ultracentenarie e piante da frutto antiche»
Come a poco serve l’avere alle spalle una storia che affonda nei secoli come dimostra un «Diploma dell’Imperatore Corrado II a Odorico, vescovo di Brescia, datato 15 luglio 1037 nel quale questi concede all’autorità ecclesiastica un’ amplissima giurisdizione che annovera, tra le altre, la possessione del monte Denno (l’attuale monte Maddalena) allora saldamente attaccato al colle Cidneo», giurisdizione che senza dubbio alcuno comprendeva i terreni ora occupati dalle vigne d’Invernenga. Un patrimonio unico, non replicabile, oltre a un polmone verde a ridosso del Castello, studi e carotaggi del terreno hanno dimostrato come, per diverse ragioni, l’inquinamento non è problema che lo riguarda, come non riguarda i vini che se ne ricavano. Un patrimonio assolutamente meritevole di visita: basta inoltrarsi di poche decine di metri nei filari per lasciarsi alle spalle il rumore della città e immergersi in una realtà inimmaginabile. Un bene, anche se privato, che valorizza l’intera città di Brescia.
(a cura di Carlos Mac Adden)
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